Mattoni high tech

Per ogni problema complesso esiste una soluzione semplice. Si potrebbe sintetizzare così la filosofia di Anupama Kundoo, la progettista indiana che usa l’architettura in risposta alle esigenze della collettività miscelando innovazioni high tech e materiali low cost.

Per ogni problema complesso esiste una soluzione semplice. Si potrebbe sintetizzare così la filosofia di vita e di progettazione di Anupama Kundoo, l’architetto che indaga il futuro delle città insegnando a cuocere la terracotta, a dimostrazione del fatto che la progettazione sostenibile non esclude il ricorso alle materie e alle tecniche costruttive locali, anzi.

Cresciuta in un Paese come l’India in cui l’emergenza abitativa è all’ordine del giorno, Anupama Kundoo sa bene quanto sia importante che i cittadini siano coinvolti affinché si possano innescare processi virtuosi dal basso. L’importanza dell’educare, consapevolizzare e responsabilizzare i cittadini è ancora più evidente, infatti, in quei contesti socio-economici in cui è quasi impossibile sperare nell’arrivo di soluzioni top-down. Formatasi tra Bombay, Berlino, Londra, New York e Venezia, Kundoo è architettonicamente attiva dal 1990 (Anupama Kundoo Architect) e treascorre i suoi primi 10 anni da progettista ad Auroville, una città indiana sperimentale da 2.000 abitanti disegnata nel ’68 dal francese Roger Ange. Dopo anni di architetture tra Auroville e gli slum di Bombay “i cui abitanti sono tutti ottimi architetti”, Kundoo inizia a intrecciare progettazione, ricerca e insegnamento tra la Technical University di Berlino, la Parsons di New York e l’Università del Queensland, confessando di preferire di gran lunga lo stile di vita australe ai ritmi urbani di Berlino e New York, decisamente troppo “iper-regolati” per i suoi gusti.

Secondo la ricetta di Kundoo, chi progetta deve minimizzare il più possibile l’impatto ambientale affidandosi a tre risorse fondamentali: i materiali naturali e di scarto, la manodopera locale e il coinvolgimento delle comunità, mettendo al primo posto l’analisi del contesto socio-economico non solo in fase di progettazione ma anche in fase di realizzazione, sia che si parli di materie prime che di risorse umane.
E sono proprio le persone l’elemento attorno al quale la progettista traccia le sue opere, mettendo al primo posto la funziona sociale dell’architettura e dichiarandosi incapace nel scindere tra i concetti di spazio e di vita: “L’architettura non può essere percepita esclusivamente per la sua materialità, ma piuttosto deve essere incentrata sulla vita” spiega Kundoo, “fa da sfondo per questa vita vivace e deve saper accogliere emozioni ed esperienze sensoriali”. Gli individui, però, non devono essere semplici spettatori dell’architettura bensì devono essere coinvolti e responsabilizzati, che si tratti della posa di una pietra o del disegno della città di domani.
Il modus operandi di Anupama Kundoo in India, così legato alle tradizioni locali, è stato riconosciuto da Alejandro Aravena come un approccio in grado di affrontare da un nuovo punto di vista le grandi questioni aperte della società contemporanea, un riconoscimento che le è valsa la partecipazione alla Biennale di Venezia 2016 cui si aggiunge la menzione d’onore alla Biennale 2012, ricevuta grazie alla sua attenta ricerca dei materiali.
Per immergersi nel suo lavoro, ecco qualche esempio concreto delle sue realizzazioni:

  • Wall House: vista da fuori,la Wall House dà l’impressione di essere un unico grande muro in mattoni: strutturata su uno spazio largo appena 2,20 metri, concentra tutti gli ambienti in fila proprio quasi come se fosse una carrozza di un treno. La scelta dei materiali, l’esposizione e gli spessori della parete sono studiati per ottimizzare i consumi energetici, con effetti sorprendenti. La Wall House, infatti, è stata realizzata con l’obiettivo di dimostrare che la progettazione di edifici sostenibili non implica l’esclusione delle tecniche costruttive ereditate dal passato: a differenziare la Wall House è l’efficace dinamica tra il low-tech di materiali sostenibili e lavorazioni tradizionali e l’high-tech della progettazione architettonica e delle conquiste dell’ingegneria. Una combinazione riproposta anche a Venezia con una replica a grandezza naturale esposta alla Biennale 2012 realizzata grazie al lavoro manuale di studenti di Venezia e Brisbane, ai quali la progettista ha svelato maestranze mai uscite prima dal subcontinente asiatico. Leggi i dettagli sul progetto Wall House sul sito dello studio
  • Volontariat Home for homeless children: nel portfolio di Kundoo non mancano i progetti di housing. Tra questi la Volontariat Home for homeless children a Pondicherry, India, realizzata nel 2010 per ospitare 15 bambini e 5 genitori adottivi. Simile a un villaggio di piccoli igloo, il complesso è interamente realizzato in mattoni di terra cruda fatti cuocere dopo la posa. Gli edifici infatti cuociono i mattoni dal loro interno, trasformandosi in forni per 3 o 4 giorni: una soluzione che permette di ottimizzare il processo di lavorazione, assicura ottimi risultati dal punto di vista di risparmio energetico e che conta sul coinvolgimento di tutta la comunità. A parte i mattoni in terra cruda, tra i materiali di costruzione rientrano anche rifiuti urbani come i telai delle ruote delle biciclette che diventano finestre a oblò, le bottiglie di vetro che vanno a comporre le pareti o le tazze utilizzate per completare le aperture nella parte superiore degli edifici. Un progetto sperimentale, pensato per dimostrare come l’emergenza abitativa possa essere affrontata con soluzioni sostenibili sia dal punto di vista economico che ambientale. Leggi i dettagli sul progetto Volontariat Home sul sito dello studio
  • Ferrocemento prêt-à-porter: Anupama Kundoo ha studiato come applicare il ferrocemento a diverse situazioni emergenziali. Versatile, resistente, semplice da produrre e utilizzare, il ferrocemento ha permesso a Kundoo di progettare case costruibili in pochi giorni, e con materiali di recupero, il cui processo di realizzazione è facilmente delegabile alle comunità locali (high-speed architecture). Tra i prototipi per soluzioni abitative e igieniche a basso impatto ambientale di Kundoo, tre sono stati esposti alla Roca London Gallery: il Light Housing, un grande origami costituito da un’unica volta in cui le pieghe conferiscono alla copertura la rigidità necessaria per sostenersi, il modulo Easy WC costituito da sei parti in ferrocemento da assemblare su una piattaforma e collegabile a scarichi sia in contesti urbani che rurali, e il modulo abitativo Full fill house che richiede 6 giorni per la costruzione e un solo giorno per lo smontaggio. Per conoscere i dettagli dei progetti leggi l’articolo su Lifegate

 

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