Giovedì scorso Simone Regazzoni ci ha raccontato come uno spazio, con la sua materialità, entra in connessione e influenza la nostra modalità di pensiero. Ecco come è andato il terzo appuntamento del Book Lab, in collaborazione col Circolo dei lettori.
Giovedì 19 settembre abbiamo ospitato Simone Regazzoni per il terzo incontro del ciclo Book Lab, in collaborazione con la Fondazione Circolo dei lettori. Ci ha raccontato del luogo scelto da Platone per dare vita alla propria scuola, l’Accademia.
Da un punto di vista filosofico, il dialogo tra pensiero e architettura è sempre stato fecondo. Allo stesso tempo, la filosofia si interroga sull’architettura ma non approfondisce il tema degli spazi in cui il sapere viene prodotto. Certo è che un luogo, con la sua materialità, entra in connessione e influenza la nostra modalità di pensiero.
Platone ne era consapevole, per questo motivo è importante descrivere come era strutturata l’Accademia, il luogo in cui nacque la filosofia. Spesso si ha in mente una sorta di biblioteca, in realtà era un luogo di formazione per il corpo e per la mente, una vera e propria palestra.
La più celebre palestra del mondo, ma perché? Nella grecità l’idea di filosofia era diversa dalla nostra, non corrispondeva alla sola produzione mentale attraverso il medium della parola, era piuttosto la cura di sé per la totalità di mente e corpo, con l’obiettivo intrinseco di avere una vita felice.
La modalità in cui lo spazio veniva organizzato era fondamentale per Platone. Posture diverse a loro volta creano modi diversi di pensare. Ecco perché l’Accademia non poteva essere un’università o una biblioteca: c’era un forte bisogno di un luogo in cui le persone potessero far trasparire la loro virtù morale attraverso il corpo in movimento, attraverso la fisicità che esprime un’interiorità.
Platone volle quindi creare una modalità di sapere tenendo conto dello spirito e della cura fisica di sé: per questo motivo il luogo in cui si dedicò all’arte filosofica fu uno spazio a cielo aperto, di lotta e dialogo, rumoroso e ritmato dai tonfi dei corpi in lotta, dal brusio delle persone in dialogo. Uno spazio confusionario, funzionale a diverse modalità di produzione del sapere.
Oggi associamo la felicità a una sensazione di tranquillità e serenità. I Greci, invece, ne avevano una visione più intensiva e dinamica: felicità era l’esperienza di pienezza che provava l’atleta, distante dalla nostra, caratterizzata invece da una postura fondamentalmente statica. Se la felicità è la forza vitale che ci porta a diventare la versione migliore di noi stessɜ, bisogna sempre essere prontɜ a modificarsi, a trasformarsi.
La felicità di Platone è la fatica per conquistare, con i propri tempi e nel proprio spazio, la trasformazione di noi stessɜ. Il movimento primo del filosofo, nel famoso mito della caverna, non è infatti quello di parlare, ma quello di alzarsi in piedi. Questo è il gesto che ci rende disposti a faticare e raggiungere quel livello di vita un po’ più piena, un po’ più felice.
Foto di Jana Sebestova.
Building Happiness è un progetto promosso dalla Fondazione per l’architettura / Torino reso possibile anche grazie a:
Contributor: Fondazione Compagnia di San Paolo, Camera di Commercio di Torino
Sponsor Gold: Dierre, Fresia Alluminio, Idrocentro
Sponsor Silver: Ceramica Mediterranea, Sikkens, Traiano Luce