Come cambia il Festival

Alla vigilia dell’inaugurazione di Architettura in Città, il presidente Giorgio Giani racconta il percorso che ha condotto a questa edizione del Festival.

Ci vuole coraggio e nervi saldi per decidere di trasformare un evento all’apice del suo successo, ma soprattutto ci vuole la voglia di innovare e mai lasciarsi catturare dalla stanchezza. Bisogna poi scegliere il modo giusto, coinvolgere tutti quelli che hanno partecipato al successo e dire loro … al lavoro, si cambia, esercitate la vostra creatività, mettete in campo le vostre idee e imbocchiamo una nuova strada: è quello che abbiamo fatto in Fondazione dopo l’edizione di Architettura in Città alla Borsa Valori.

Ebbene eccoci qua, potremo dire se ha funzionato fra poco più di una settimana ma il lavoro c’è stato e c’è un nuovo Festival.  Molti ce lo invidiavano già prima, ma ora dovranno inseguirne un altro, più efficace, più coinvolgente, più persistente nello spazio e nell’arco del tempo, anche se è diventato biennale. Innovazione e partecipazione è la cifra che ho impresso insieme ad un ottimo CdA al lavoro di questo mandato di Fondazione ed è quella che continuerò a dare come input di lavoro nel futuro, senza soluzione di continuità.

Cosa c’è di nuovo nel Festival? Tutto. Certo ci sono ancora gli eventi, incontri, progetti, ma è il percorso e la diffusione per arrivarci che cambia. Per questa prima edizione abbiamo sperimentato il nuovo modello su un periodo limitato di tempo, sperimentazione che diventerà routine di sistema a partire da settembre per preparare l’edizione 2019.

È un modello che apre alla disseminazione sul territorio, nella città ed oltre, per cercare il coinvolgimento delle persone che l’architettura la “abitano” giornalmente, per dare loro il modo di percepirla e quindi di capirla e capire, superando gli stereotipi, cosa sia un architetto e cosa possa offrire loro. Un modello finalizzato a far crescere la domanda consapevole di architettura e più in generale di progetto costituendo i presupposti che generano opportunità per gli architetti.

Il percorso è rappresentato bene da una iniziativa di Fondazione prestata al Festival, il workshop 8×8. Il workshop nasce per formulare un modello alternativo di formazione, formazione tra pari e attiva dove un gruppo di architetti lavorano sulla soluzione di un problema con i possibili fruitori. Abbiamo scelto le otto circoscrizioni torinesi, chiesto loro di individuare un oggetto sul loro territorio che rappresentasse un problema da risolvere e con un percorso pur limitato nel tempo di progettazione partecipata lo abbiamo sottoposto a gruppi di architetti (in 60 hanno partecipato).

Dopo un primo timido approccio i rapporti fra cittadini e architetti si sono sciolti generando entusiasmo, coinvolgimento ed un arricchimento reciproco. Per i cittadini, la scoperta che per trasformare un’idea in progetto occorre un esperto, l’architetto; per gli architetti un approccio di lavoro con committenti speciali ed eterogenei insieme alla necessaria mediazione creativa con gli altri colleghi.

Chiuderemo con la presentazione dei lavori durante il Festival, con la difficoltà di trovare qualcuno insoddisfatto dell’esperienza che faccia da voce dissonante, accade anche questo perché si tratta di un approccio nuovo e diretto fra gli architetti e la città dei cittadini, per gli architetti una sorta di “servizio civile”, che ben rappresenta il loro ruolo sociale e li pone nella giusta luce nei confronti dell’immaginario collettivo.

Opereremo così per ogni nuovo festival ma su un percorso più lungo, mettendo in rete molti eventi e molti temi che troveranno la sintesi nell’edizione successiva di Architettura in Città e lavoreremo oltre la città coinvolgendo tutto il territorio provinciale, ops … metropolitano come per il workshop Una montagna di sguardi, che invece ha avuto un proprio percorso indipendente dal Festival.

Lasceremo dunque tracce del passaggio degli architetti, come in un altro evento che vorrei citare, Playground promosso dalla Fondazione e curato da IED Torino e ARTECO, in collaborazione con Scuola Media Statale Drovetti e Liceo Artistico Cottini, anche questo rappresenta efficacemente il nuovo corso del festival che coinvolge, partecipa e lascia tracce, nel caso specifico un campo da gioco, iniziative che dunque si faranno “cercare” per l’edizione successiva.

Quest’anno il centro dell’attenzione degli eventi sarà allo spazio Q35, un sito interessante che si presta alle iniziative che faremo in un’area della città altrettanto interessante. Voglio sperare che la prossima edizione possa avere come punto focale la nostra stessa sede, quella nuova naturalmente che spero finalmente chi sarà deputato a cercare sia in grado di trovare abbandonando le velleità rappresentative: gli architetti sono la città, è con il loro lavoro con la loro presenza che costituiscono qualità, è anche questo un modo per farci conoscere; in tutto il mondo è così “abbiamo” sedi aperte che sono attrattori e nodi di rete. Suggerisco dunque di cambiare modello anche a questa ricerca, di avviare un percorso virtuoso, aperto e partecipato, trasparente, sarebbe più in linea con i tempi, sarebbe anche più creativo e simile agli architetti … fate un salto alla Film Commission cogliete l’occasione e incominciate di lì a partecipare, fatelo anche negli altri luoghi se ve li metteranno a disposizione e chiedete conto delle condizioni, fatevele scrivere, è bene andare oltre i titoli. Per quanto mi riguarda mettere a disposizione le informazioni è un fatto normale, forse non lo è per tutti.

Giorgio Giani
Presidente Fondazione per l’architettura / Torino