Progetti luminosi

Ricerca dei materiali e cura della luce sono i due tratti che distinguono le “realizzazioni democratiche” di David Adjaye, il progettista anglo-ghanese secondo il quale non c’è architettura senza arte.

Per me l’architettura è una forma d’arte umana: progettare significa umanizzare una costruzione, e l’arte svolge un ruolo importante nella mia pratica”. Parola di David Adjaye di Adjaye Associates, architetto anglo-ghanese classe ’66, nato in Tanzania, cresciuto girando l’Africa e il Medio Oriente e formatosi nel Regno Unito, oggi conosciuto in tutto il mondo (anche) per i progetti dei suoi inconfondibili musei.
Proprio come lui, a fare il giro del mondo sono anche le sedi del suo studio con base a Londra, New York e Accra e i suoi progetti, realizzati tra Stati Uniti, Regno Unito, Europa, Africa, Asia e Medio Oriente.
I suoi lavori spaziano dal mondo della cultura al residenziale, dal commerciale all’edilizia popolare, ma le pietre angolari di ogni realizzazione sembrano essere sempre le stesse: un’oculata scelta dei materiali e uno studio attento della luce, due elementi ben distinguibili anche nelle sue opere di design. Il cappello di progettista non è l’unico indossato da Sir David Adjaye, il quale coltiva assidue collaborazioni con artisti e critici come Chris Ofili, Olafur Eliasson e Okwui Enwezor, recentemente scomparso, senza farsi mancare docenze ad Harvard, Princeton, Yale, al Royal College of Art e all’Architectural Association School di Londra.

La sua filosofia si basa sulla responsabilità sociale dell’architettura, da perseguire attraverso l’umanizzazione degli spazi. Progetto e arte diventano per lui uno strumento sociale di aggregazione, al punto che il suo è stato definito un approccio democratico. Per Adjaye il 2000 (anno della fondazione del suo studio) ha determinato un cambio di paradigma nell’architettura mettendo al centro del progetto non più volumi o linee come nel XX secolo, bensì le relazioni. Secondo lui, ciò che differenzia una costruzione da un’architettura è la capacità di umanizzare lo spazio e per farlo Adjaye ha imparato a destreggiare a regola d’arte materiali e luce fino a definire il suo indistinguibile tratto. E visto che di arte si parla, ecco tre esempi concreti arrivare da tre suoi musei:

  • Se proprio bisogna fare una lista, allora si deve partire dallo Smithsonian National Museum of African American History and Culture, inaugurato nel 2016 a Washington dall’allora presidente statunitense Barack Obama.
    Realizzato lungo il National Mall su un’area di 420mila mq, l’imponente edificio conta 9 livelli di cui 4 interrati e ben si presta a icona del riscatto della comunità afro-americana nella società statunitense, ripercorrendo tra le sue gallerie espositive il lungo cammino dalla schiavitù all’emancipazione. L’imponente volume, semplice solo all’apparenza, è dato da tre prismi trapezoidali sovrapposti esternamente impreziositi da ben 3.600 pannelli color bronzo che ne rivestono l’intera superficie: un tributo alle opere in ferro battuto degli schiavi di New Orleans. Al suo interno, oltre alle espositive trovano spazio un auditorium, un teatro e un centro: “L’edificio si ispira al periodo storico – spiega l’autore – in cui gli schiavi afroamericani liberati dalla vita contadina al commercio, e simboleggia metaforicamente una sorta di risarcimento alla comunità afroamericana, vittima ancora oggi di discriminazioni”. Vai alla pagina dedicata allo Smithsonian National Museum sul sito di Adjaye Associates
  • È in Texas invece il Ruby City Museum, il progetto disegnato sulle linee e sui colori dell’omonima pietra preziosa in onore dell’artista Linda Pace, scomparsa nel 2007. Inaugurato lo scorso anno, il museo sembra riproporre i volumi tipici dell’architettura coloniale spagnola: la superficie esterna è in cemento rosso, colore che si abbina sia al nome del progetto che alle sfumature delle terre texane, ma anche alle tonalità dei materiali utilizzati dai coloni spagnoli. Toni resi possibili grazie al coinvolgimento di artigiani del Messico, alle cui maestranze si devono le vernici dalla resistenza e tonalità impareggiabile. Proprio come la pietra preziosa, inoltre, l’opera è intagliata diagonalmente, illuminando sapientemente gli spazi espositivi e rievocando le linee dei campanili e dei lucernari dell’architettura coloniale. Vai alla pagina dedicata al Ruby City Museum sul sito di Adjaye Associates
  • Si chiama Spyscape, invece, il museo realizzato nel 2018 sulla 55° strada di Manhattan, a pochi isolati dal MoMA. Dedicato al mondo dello spionaggio, il museo garantisce un livello di interazione e coinvolgimento del pubblico difficilmente trovabile altrove, per il quale lo studio di Adjaye si è avvalso della consulenza da parte di ex direttori di agenzie di intelligence e di ex hacker. Più simile a un set cinematografico che a un allestimento museale, il percorso è stato studiato per proporre ai fruitori una full immersion nel mondo dello spionaggio dando loro la possibilità di mettere alla prova le proprie attitudini allo spionaggio (tolleranza al rischio, livello di concentrazione, velocità di decisione, capacità di recitazione) e di calarsi nei panni degli agenti che hanno vissuto casi reali; agli spazi interattivi si affiancano inoltre una caffetteria, un bookshop e diverse sale per eventi. A specchi, vetri e luci soffuse, infine, il compito di giostrare l’illuminazione in modo da garantire un’atmosfera degna di007. Leggi l’articolo

5 modi per approfondire le 1000 tonalità di David Adjaye

  1. Com’è l’architettura vista attraverso gli occhi di David Adjaye? Sbircia il suo profilo Instagram in cui annota osservazioni, dettagli e curiosità sugli spazi che incontra lungo il suo cammino.
  2. Per combattere il razzismo, lo Smithsonian NMAAHC ha messo online Talking About Race, un portale con oltre 100 contenuti multimediali a disposizione di cittadini, insegnanti e famiglie
  3. Nell’attesa della prossima visita a New York, è possibile immergersi nel mondo dello spionaggio attraverso un tour virtuale per il museo Spyscape
  4. Nel portfolio di David Adjaye non mancano di certo i progetti residenziali, tra cui abitazioni per Ewan McGregor, Alexander McQueen e Jake Chapman. Per farti un’idea, la pubblicazione Living Spaces racconta 15 delle sue realizzazioni, tra UK, USA e Cina
  5. Per una panoramica più ampia sui lavori e sulla filosofia progettuale di Adjaye, ti consigliamo di guardare la sua video-intervista Building Transformative Narratives