Un futuro di cultura

Una galleria robotizzata in cui sono le opere d’arte ad avvicinarsi ai visitatori e non viceversa o un drive-in dove sono le performance artistiche a dare spettacolo: i nostri consiglieri immaginano una città post-pandemia in cui fondere tecnologia e creatività, sicurezza e design.

Un paio di mesi fa, nel pieno della pandemia,  abbiamo indetto insieme all’Ordine degli Architetti di Torino una call per la stesura di un manifesto che ci aiutasse ad uscire dalla logica dell’emergenza e ci concedesse uno sguardo verso il futuro. Anche i nostri consiglieri hanno partecipato ad Architettiamo la città per la fase due inviando riflessioni, spunti, racconti di iniziative e idee innovative per la ri-progettazione dell’arte e degli spazi culturali nella Torino post-Covid. Ecco i contributi di Giulia Tosetti, Paolo Turati e Lamberto Vallarino Gancia

 

Drive-in d’artista

Nell’ambito del progetto Prospettive – l’economia delle immagini che curo in Tosetti Value – sto organizzando un drive-in d’artista da fare a breve a Torino come prima risposta estiva all’emergenza medico-sanitaria e come impulso ad una ripresa consapevole della socialità. La formula del drive-in – che sia legata alla musica, all’arte contemporanea o al cinema – può essere l’occasione per gli architetti di mappare ulteriori aree di potenziale riqualificazione urbana per cui studiare allestimenti ad hoc.
Un secondo spunto relativo agli spazi di lavoro e commerciali, potrebbe essere quello circa la realizzazione di un progetto di farmacia interamente robotizzata senza l’utilizzo di alcun personale nello spazio commerciale, azzerando così i rischi di contagio che come sappiamo nell’autunno potrebbero tornare ad impennarsi (speriamo tutti di no). Il progetto di una farmacia robotizzata utilizza tutte tecnologie ampiamente disponibili e potrebbe essere una sfida anche dal punto di vista architettonico nella distribuzione degli spazi. 

Giulia Tosetti, vicepresidente Fondazione per l’architettura / Torino

 

Musei automatizzati

Mi viene in mente una suggestione in merito ad uno spazio culturale espositivo che potrebbe essere riprogettato nel post Covid-19 in modo che non siano i visitatori a dover entrare ammassandosi ad ammirare le opere ma siano piuttosto queste che escono dal deposito dello spazio espositivo medesimo per venire incontro a costoro.
Uno spazio piccolo può così diventare immenso. Chi è stato a visitare la Fondazione Emilio Vedova ai Magazzini del Sale di Venezia può avere idea di come una dinamica espositiva siffatta potrebbe venire rielaborata. Alla Fondazione Vedova, per quasi tutta la lunghezza dell’edificio è fissato un binario lungo il quale si muovono dieci navette robotizzate. Comandate elettronicamente, dotate di bracci mobili ed estensibili e di un argano che ne permette differenti altezze, prelevano le opere dall’archivio, le portano nello spazio espositivo e le posizionano nel punto previsto per essere ammirate. Se fossi un architetto (ma, ahimé non lo sono) mi sbizzarrirei a riconvertire uno spazio urbano torinese tecnologicizzando così l’espositività di opere d’arte in modo che i visitatori siano posti lungo un perimetro (ad esempio circolare) debitamente “distanziati” e le opere arrivino di fronte a loro a farsi ammirare.

Paolo Turati, consigliere Fondazione per l’architettura / Torino

 

Creatività e sicurezza

Ad oggi, a parte gli spettacoli in spazi aperti per chi li ha e che quindi potrebbero essere adattati, si sta valutando come riprogettare gli interni degli spazi teatrali rispettando le distanze di sicurezza, evitare le code e quindi riorganizzare le prenotazioni e le biglietterie. Si sta inoltre pensando al tipo di spettacoli e come gli attori sul palco possano recitare senza rischi mantenendo la vena creativa e artistica. Sarà inevitabile il cambio di cartelloni e allestimenti ed è qui che la vena creativa sarà sempre vincente. Anche per gli orchestrali nella lirica si sta cercando di capire come gestire gli strumenti a fiato in sicurezza. Vedo quindi una grande opportunità e una grande sfida perseverare con quello che stiamo di fatto vivendo con lo smart working per far convivere tecnologia IT, new media, app e simili con gli spazi e la mobilità, le prenotazioni e le biglietterie per singoli spettatori e conviventi. In sostanza, dobbiamo gestire queste maledette invisibili droplets! Il settore dello spettacolo dal vivo che seguo ci arriverà dopo l’apertura di negozi e pubblici esercizi che a quel punto saranno già allenati a questi nuovi usi e costumi o almeno fino a quando non ci sarà un vaccino e si avrà la certezza che questo male invisibile sarà sconfitto. Nel mentre un altro tema importante che ci traghetterà all’apertura e a una vita più normale saranno le manutenzioni e ristrutturazioni che ci permetteranno di mantenere lavoro e rendere più sicuri, più belli e funzionali gli spazi che abbiamo sempre usato e con l’occasione anche di modificarli e migliorarli se necessario in attesa di riaprirli. Tutto quanto detto vale per le piccole realtà, le grosse, la città, la cintura la regione e tutta l’Italia. Naturalmente, a questo si aggiungono gli aspetti economici, contributi, risorse, tasse, tutela degli artisti e compagnie, rapporti con i fornitori, costi maggiori per la sicurezza e garanzia della salute pubblica. Qui devono intervenire a supporto le istituzioni a partire dallo Stato e da chi crede che la cultura faccia parte anche della nostra incredibile storia e qualità della vita.

Lamberto Vallarino Gancia, consigliere Fondazione per l’architettura / Torino

 

Magazzini del Sale, Fondazione Emilio Vedova, Venezia