A lezione con Luca Molinari

Critico, storico, docente e accanito divulgatore di architettura, Luca Molinari è la persona ideale alla quale chiedere “Perché l’architettura contemporanea è cosi?”. Noi l’abbiamo fatto, per poi tramutare la sua risposta in un corso FAD!

Affermare l’importanza e il senso dell’architettura nella contemporaneità appare oggi come uno dei compiti più complessi e paradossali. Da una parte, infatti, viviamo e siamo circondati dai prodotti diffusi dell’architettura, mentre dall’altra raramente ne cogliamo il valore politico e civile decisivo nella nostra vita.

Motivo per cui abbiamo deciso di dedicare a questo tema tutt’altro che scontato il corso FAD Perché l’architettura contemporanea è così? A lezione con Luca Molinari (4 CFP). Abbiamo intervistato il critico e curatore di architettura Luca Molinari per poterti dare un piccolo assaggio di quello che ti aspetta nella FAD:

 

In Italia c’è scarsa consapevolezza del valore dell’architettura contemporanea?

La modernità è ancora un problema in Italia; il nostro è un Paese in cui è stato creato un caso pubblico su un progetto vincitore di un concorso regolare con una giuria regolare (l’ampliamento del Palazzo dei Diamanti a Ferrara): non è solo grave, è preoccupante. È indice di una posizione retrograda culturalmente e della mancata accettazione e comprensione della modernità. Noi italiani, da Leon Battista Alberti in poi, abbiamo insegnato la modernità al mondo, siamo stati in grado di produrre visioni capaci di mediare tra tradizione e innovazione e ora non sappiamo accettarla. È un problema culturale e simbolico.

Quali sono le ragioni?

Sono molteplici. Innanzitutto, siamo un Paese giovane, in cui le città sono cresciute dell’8-10% in un arco temporale ridotto, durante gli anni del boom. Un’evoluzione che non è stata compresa in modo maturo e che non ha permesso all’architettura di diventare identitaria, a differenza di quanto capitato altrove. Gioca inoltre un ruolo significativo la ricchezza del patrimonio storico architettonico che connota i centri urbani.

Il patrimonio è quindi un ostacolo all’evoluzione in chiave contemporanea dei contesti urbani?

Al contrario, può tradursi in una risorsa fondamentale per i progettisti, ma è necessario che non venga interpretato in maniera conservativa. Non esiste una città storica, esistono tante città storiche, perché ogni contesto è frutto della stratificazione delle vicende precedenti. Il patrimonio può essere ridisegnato in modo pop e contemporaneo: non c’è separazione tra il passato e il futuro e per questa ragione anche nelle lezioni del corso che ho tenuto per la Fondazione temi storici e contemporanei si mescolano continuamente.

Il riuso è una nostra caratteristica culturale: abbiamo una lunga esperienza in questo ambito, ma oggi è anche una necessità. Il modo migliore di intervenire è innovare con amore per il presente e per il passato. Non rinunciare alla contemporaneità. Quando a Firenze Brunelleschi ha progettato la cupola ha compiuto un atto violento e dirompente su una città piatta, eppure senza questo intervento forse la storia dell’architettura successiva sarebbe stata differente. Non bisogna eliminare il patrimonio, ma non si può mantenere tutto. La vita è più potente. Non possiamo vivere di nostalgia.

Che cosa contraddistingue la produzione architettonica contemporanea italiana?

Gli architetti italiani si caratterizzano per la capacità di produrre pensieri laterali; non siamo mainstream, ma possiamo proporre riflessioni innovative. Siamo abituati a lavorare con poco budget: così come nella cucina, noi siamo famosi in tutto il mondo per l’utilizzo di materie prime povere, anche in architettura ricerchiamo la verità nella materia. Nel progetto di architettura esprimiamo una visione unitaria, una capacità di pensare a livello di sistema urbano, anche quando disegniamo gli interni.

Se l’architettura è il risultato di un progetto bottom-up, qual è il ruolo dell’architetto?

Manca la figura dell’architetto come medico condotto. In Italia questo ruolo è svolto dal geometra. L’architetto non ha avuto riconoscibilità sociale, in passato era il professionista delle élite. L’architetto deve imparare ad ascoltare e guidare percorsi di progettazione dal basso, senza però delegare ad altri ciò che ne connota la professionalità: il saper produrre visioni e svelare attraverso l’intuizione scenari che prima non erano immaginabili.

 

Ti abbiamo incuriosito? Vai al corso FAD Perché l’architettura contemporanea è così? A lezione con Luca Molinari (4 CFP)!