Scuole al futuro

Per essere definita innovativa una scuola deve dotarsi di spazi flessibili, personalizzabili e a misura di bambino. È quanto è emerso dal workshop Spazi innovativi per l’apprendimento che ha impegnato 24 progettisti su aule, mense e cortili di quattro scuole torinesi. Ecco i risultati.

Flessibili, personalizzabili e a misura di bambino. Ecco come devono essere gli spazi della scuola innovativa secondo i 24 architetti che lo scorso giovedì hanno presentato pubblicamente le soluzioni progettuali esito di Spazi innovativi per l’apprendimento, il workshop nato dalla collaborazione tra l’Assessorato Istruzione ed edilizia scolastica della Città di Torino, la Fondazione per l’architettura / Torino, ITER – Laboratorio Città Sostenibile e Ufficio Smart City progettazione europea e innovazione.
Divisi in tre gruppi, i progettisti si sono dedicati per 16 ore all’elaborazione di soluzioni capaci di migliorare gli ambienti di quattro scuole torinesi e tre temi progettuali: la scuola secondaria di I grado Bernardino Drovetti di via Bardonecchia 34 per il tema spazi della didattica innovativa, le scuole primarie Aristide Gabelli di via Santhià 25 e San Francesco D’Assisi di via Giulia di Barolo 8 per il tema spazi per la ristorazione scolastica e la scuola d’infanzia Marc Chagall di via Cecchi 2 per i paesaggi del cortile scolastico. Ecco in sintesi i risultati del workshop.

Il progetto per gli spazi didattici della scuola Drovetti

Il gruppo guidato dall’architetto tutor Daniele Rangone dello studio Settanta7 ha elaborato il progetto Zip&Pop per gli spazi didattici della scuola Drovetti. Si tratta di due ipotesi di interventi concepiti per essere replicabili in altri edifici scolastici. Si è innanzitutto lavorato sull’identificazione territoriale della scuola Drovetti intesa come cellula di civic center, favorendone la riconoscibilità e anche l’appeal da parte del quartiere; tra le suggestioni progettuali, la violazione delle regole cromatiche per attirare l’attenzione, la definizione di arredi e attrezzi per attività differenti, il disegno di spazi versatili modulabili a seconda delle esigenze. In secondo luogo il gruppo si è concentrato su una manica dell’edificio destabilizzando il rapporto aula-corridoio, sostituendo le pareti divisorie con una spina dorsale a basso costo per creare ambienti più fluidi, di dimensioni variabili, che possano servire come armadiature, sedute o pareti attrezzate, necessità che contraddistinguono modelli didattici basati su un rapporto meno rigido tra lo studente e l’aula. Il tutto con un occhio di riguardo alla sostenibilità economica.

 

Il progetto per le mense delle scuole D’Assisi e Gabelli

Nelle scuole D’Assisi e Gabelli si è invece approfondito il tema della ristorazione scolastica. Gli architetti, affiancati dai tutor Valeria Brero e Andrea Rosada dello studio ElasticoSpa, sono partiti da una riflessione comune sui due edifici e sui luoghi in cui avviene l’esperienza pasto individuando alcune linee guida generali per il rinnovamento delle mense: dilatare il tempo a disposizione dei bambini, suddividere lo spazio del refettorio in aree più piccole e ridefinire i flussi di accesso alla mensa per eliminare gli spazi di attesa. Sulla scuola D’Assisi sono stati inoltre ipotizzati interventi specifici per l’interior design e l’arredo, definendo aree tematiche attraverso l’uso dei colori e diversificando tavoli e sedute. Per la scuola Gabelli è stato immaginato un intervento più radicale, che prevede la diffusione nella scuola del servizio mensa in luoghi differenti. Il progetto prevede l’individuazione di spazi di dimensioni più ridotte in parte sfruttando aree sottoutilizzate (come i grandi corridoi ottocenteschi), in parte creando volumi nuovi che escono dal profilo dell’edificio. In secondo luogo si è lavorato sulla connessione con il giardino, eliminando le barriere visive che separano l’ambiente della mensa dallo spazio aperto e favorendone la fruizione anche durante la fase del pranzo.

 

Il progetto per il cortile della scuola Chagall

Per il cortile della scuola Chagall il gruppo di lavoro condotto da Mariolina Monge è partito dalle richieste espresse dalla direttrice e dai genitori delegati per dare vita a spazi che potessero essere utilizzati come aule all’aperto. Tutto l’impianto del progetto è costruito con la vegetazione e si basa sulla distinzione tra zone d’ombra a prevalenza di bosco e zone soleggiate a prato, a partire dall’analisi del percorso del sole. Nella definizione delle specie vegetali si è adottato il punto di osservazione dei bambini, secondo il modello Montessori, implementando la natura presente nel rispetto delle intenzioni del progetto della scuola: ai grandi alberi piantati originariamente, che, data l’altezza, ora si presentano agli occhi dei fruitori del giardino come grandi tronchi, sono state affiancate aree con vegetazione a misura di bambino, con arbusti, erbe spontanee e perenni. L’obiettivo è di ricreare un rapporto immaginifico tra i più piccoli e la natura “forte”, che i bambini che vivono in città sono poco abituati a vedere e toccare.