Lo spazio che cura

Da un anno a questa parte abbiamo iniziato a dedicare il nostro impegno a una tipologia particolare di spazi che chiama in causa in modo diretto il ruolo sociale dell’architetto: l’ospedale. Il direttore di Neonatologia del Sant’Anna Enrico Bertino ci spiega di cosa si tratta.

Dopo anni di esperienza nel campo della progettazione partecipata in ambito scolastico, dallo scorso anno la Fondazione per l’architettura / Torino presta il suo contributo al disegno dei luoghi di cura, una tipologia di spazi che chiama in causa in modo diretto il ruolo sociale dell’architetto.

Ad oggi, è in corso una raccolta fondi per la realizzazione di un intervento per l’umanizzazione di alcuni ambienti del reparto di Neonatologia Universitaria dell’ospedale Sant’Anna di Torino, intervento pensato durante il workshop Spazi neonati che abbiamo messo a punto insieme all’associazione DEAR – Design Around Onlus, l’associazione Piccoli Passi Onlus, la Fondazione Medicina a Misura di Donna e NextAltas.

Il professore Enrico Bertino, direttore di Neonatologia del Sant’Anna di Torino, ci spiega di cosa si tratta.

 

Professore, com’è cambiato l’approccio alla cura nella terapia intensiva negli ultimi anni?

Il mondo della terapia intensiva da noi come in tutti i Paesi occidentali ha avuto una straordinaria evoluzione basata sul miglioramento dell’assistenza in campo ostetrico e neonatale che ha portato a un aumento delle possibilità di sopravvivenza e soprattutto a un miglioramento della qualità di vita dei bambini. A far la differenza, l’impiego di tecnologie più raffinate e meno invasive.

Ciò che però è emerso nel corso degli ultimi decenni nei centri più avanzati è che i risultati sono ridimensionati se a questo sistema di assistenza di alto livello non si affianca anche l’attenzione per la riduzione dello stress, per la presenza e l’accoglienza dei genitori e più in generale per la qualità dell’ambiente.

In molte realtà come la nostra, è stato introdotto il sistema NIDCAP – Newborn Individualized Developmental Care and Assessment Program che prevede il passaggio dal curare al prendersi cura e si basa sull’osservazione del comportamento del neonato prematuro con l’obiettivo di mettere a punto un’assistenza personalizzata e centrata sul neonato stesso e sulla sua famiglia. In questa nuova filosofia assistenziale, lo spazio è parte integrante del sistema di cura.

Da cosa è nata l’idea di promuovere il workshop di progettazione Spazi neonati all’interno del reparto?

Il progetto si è sviluppato grazie all’incontro tra sensibilità simili, quella della onlus DEAR – Design Around e della Fondazione per l’architettura / Torino, che hanno dimostrato una capacità di approcciarsi al tema in modo rispettoso e attento. Il punto di forza è stata la possibilità di mettere insieme competenze molto diverse: esperti dell’ambiente, del colore e dell’accoglienza con professionisti dell’assistenza neonatale e genitori che avevano vissuto l’esperienza della vita nel reparto, grazie all’adesione all’iniziativa da parte dell’associazione Piccoli Passi Onlus e della Fondazione Medicina a Misura di Donna Onlus, con l’obiettivo comune di migliorare la qualità degli spazi.

Abbiamo iniziato il percorso con l’analisi delle criticità degli ambienti e dei bisogni di chi li vive: l’ingresso esterno al reparto è scuro e poco accogliente; lo spazio comune riservato ai medici e ai familiari deve essere modulato per conciliare necessità contrapposte, il relax e il diritto alla privacy con l’esigenza di socializzazione e condivisione tra i genitori; c’è poi bisogno di buio per proteggere, ma anche di luce in modo graduale man mano che il percorso assistenziale migliora. Il reparto è caratterizzato dalle macchine che tengono in vita i neonati, ma esprime anche grande umanità.

Per risolvere le questioni sollevate, gli architetti che hanno partecipato al workshop hanno quindi elaborato alcune soluzioni progettuali, tra le quali una giuria composta da rappresentanti di tutti i partner ha selezionato la proposta da tradurre in progetto di interior design.

E adesso come si passa alla realizzazione?

Stiamo raccogliendo i fondi, si è attivata una catena di solidarietà che ha coinvolto soggetti molto diversi: associazioni filantropiche, ma anche aziende che producono materiali per l’arredo come sponsor tecnici. Secondo la tabella di marcia, per fine anno ci sarà il progetto esecutivo condiviso con gli uffici tecnici.

È stata un’esperienza virtuosa, un modello di intervento replicabile anche in altri centri.