Venerdì 10 novembre 2017
Film Commission Torino Piemonte, Sala Il Movie
Via Cagliari 42, Torino

Amica Dall è una dei 18 componenti di Assemble, collettivo londinese che dal 2010 sovrappone arte, architettura e design per adottare pratiche innovative per la riqualificazione di zone in disuso. L’ingrediente principale degli interventi del collettivo (composto da giovani architetti, designer, artigiani…) è il coinvolgimento degli abitanti, con l’intento di superare la separazione tra utenti e il processo che porta alla creazione dei luoghi: gli abitanti non sono coinvolti non solo nella fase di progettazione partecipata, ma anche nella realizzazione.
Grazie a Granby Four Streets, il progetto di riqualificazione urbana realizzato a Liverpool, nel 2015 il collettivo è stato insignito del prestigioso premio d’arte contemporanea del Regno Unito Turner Prize.

In occasione di Looking Around, Amica Dall si è confrontata con John Bingham-Hall del Theatrum Mundi (scarica la locandina dell’incontro): durante la stessa settimana, dal 6 al 10 novembre 2017, Dall e Bingham-Hall sono stati ospiti del modulo settimanale residenziale di UNIDEE – Università delle Idee, l’iniziativa promossa da Cittadellarte – Fondazione Pistoletto a Biella.

© Edoardo Piva
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© Edoardo Piva
© Edoardo Piva

A COLLOQUIO CON GLI ASSEMBLE E THEATRUM MUNDI

Che ruolo gioca l’architettura nella definizione delle relazioni sociali?
John Bingham Hall: L’architettura è fondamentale. A Parigi abbiamo analizzato il comportamento in due spazi parigini, due aree periferiche, frequentate da immigrati. Abbiamo registrato i rumori come indicatore del comportamento dei fruitori che si muovono in modo completamente differente nei due casi analizzati: il primo è un area in cui le persone sono trasformate in un’unica unità grazie al brusio, uno spazio difficilmente attraversabile che diventa un intensificatore dello stare insieme; il secondo invece, rappresentato solo dal rumore delle auto che scorrono nel cavalcavia soprastante, è un luogo di transito. Ciò che distingue i due spazi è il progetto architettonico: è l’architettura che crea le condizioni della socialità.

L’architettura ha quindi una responsabilità molto alta…
Amica Dall: Certamente! Il modo in cui le città sono disegnate determina come e se le persone possano accedere o no alle sue risorse. Tutti impariamo da bambini a vivere gli spazi, apprendiamo quali sono le regole, cosa è pericoloso e cosa no, cosa è permesso e cosa è vietato e anche per chi è permesso o vietato. La città tende a produrre e riprodurre le ingiustizie e a noi interessa capire in che modo il progetto architettonico influisce su queste dinamiche. Spesso si pensa che l’architettura sia uno strumento dei potenti; noi invece lavoriamo nelle periferie abbandonate delle città industriali a stretto contatto con le popolazioni e proponiamo nuovi modi di costruire e interagire con la città. Abbiamo un approccio molto pratico: facciamo cose con poco, ci sporchiamo le mani, ci facciamo male, sperimentiamo materiali, tecniche, soluzioni…

C’è però un rischio sempre in agguato: che il coinvolgimento degli abitanti si traduca solo nella legittimazione di scelte già prese.
Amica Dall: Il vero problema è quello di adottare un atteggiamento paternalistico nella progettazione con i cittadini perché l’architetto si trova a operare con “cattivi progettisti”; bisogna invece comprenderne i bisogni. Noi non facciamo progettazione partecipata perché fa bene alle persone, ma perché ci aiuta a progettare meglio. Il risultato è sempre una pratica mista che mette insieme le richieste e la traduzione architettonica.

I PROGETTI

Esemplificativo il caso di Yardhouse, un prototipo di nuovi spazi di lavoro a prezzi accessibili pensato per i creativi (in particolare designer e artisti). Commissionato e sostenuto dalla London Legacy Development Corporation, il progetto è stato realizzato nel 2014 ricorrendo a un budget ridotto; l’edificio è costituito da una semplice struttura in legno e da un sistema di rivestimento standard, che contrastano con l’unicità della facciata, interamente rivestita da piastrelle colorate a mano dagli architetti. Flessibilità e modularità sono le parole chiave che caratterizzano l’interno dell’edificio; distribuiti su due piani, gli spazi non hanno pareti fisse ma sono adattabili in funzione delle esigenze dei fruitori i quali possono scegliere se unire più unità indipendenti o introdurre nuove separazioni. Inoltre il complesso di Yardhouse è stato progettato e realizzato in modo da poter essere smontato e riassemblato altrove, a seconda delle necessità.

Adattabilità e mantenimento dei costi sono due criteri che hanno guidato gli Assemble anche nel disegno e nella realizzazione del Theatre on the Fly, un teatro temporaneo commissionato dal Chichester Festival Theatre(progettato da Philip Powell e Hidalgo Moya nel 1962) e costruito all’interno del parco circostante.
A metà tra teatro all’aperto e teatro indoor, il Theatre on the Fly ha ospitato per 9 settimane un ricco palinsesto di spettacoli teatrali prestandosi a diversi tipi di pubblico: durante le perfomance con numerosi spettatori, la struttura permetteva infatti di utilizzare anche il parco circostante come tribuna. Nel progettare il teatro,il collettivo si è ispirato alla parte più alta della torre scenica (in inglese flytower) dove trovano posto i macchinari con cui si spostano oggetti di scena e scenografie; impalcatura che gli Assemble hanno deciso di non nascondere alla vista degli spettatori per conferire un ruolo attivo all’edificio durante ogni esecuzione. Per la progettazione dell’architettura sono stati organizzati tre workshop con il Chichester’s Youth Theater, durante i quali sono stati esplorati spazi teatrali in tutto il mondo, mentre volontari tra i 16 e i 68 anni hanno contribuito alla sua realizzazione. Nonostante gli spazi generosi del teatro, i costi sono stati contenuti anche grazie alla scelta di materiali e processi costruttivi economici.

L’intervento Cineroleum inaugurato nel 2010 al civico 100 di Clerkenwell Road, a est di Londra, ha trasformato un distributore di benzina dismesso in un cinema; si tratta di un progetto sperimentale voluto dagli Assemble nell’auspicio di aprire la strada alla riconversione delle circa 4000 stazioni di servizio abbandonate del Regno Unito.
Per la sua realizzazione sono stati utilizzati materiali di recupero: le poltroncine sono state ricavate dalle assi di ponteggi, vecchi banchi e sedie scolastiche hanno composto l’arredo del foyer mentre l’auditorium è stato racchiuso in un sipario in tivek – un tessuto sintetico molto resistente simile alla carta – che sollevandosi lascia ai passanti la possibilità di sbirciare all’interno della struttura.
I lavori sono stati realizzati artigianalmente grazie all’impegno di oltre 100 volontari con la guida di manuali di istruzione redatti durante il processo di prototipazione.

Un altro interessante caso è il Folly for a Flyover (2011), un centro temporaneo per eventi realizzato in mattoni in un luogo del tutto inaspettato: gli angusti e dimenticati spazi sottostanti i viadotti stradali del quartiere londinese di Hackney Wick.
Con il suo tetto a punta che sbucava indifferente tra i guardrail delle due corsie della superstrada sovrastante, per nove settimane il Folly for a Flyovver ha ospitato un ricco programma culturale di proiezioni cinematografiche, performance, incontri e workshop messo a punto da Assemble con associazioni e aziende locali, attirando un pubblico di 40mila persone tra residenti del quartiere, artisti e visitatori di tutta la città.
Il processo di costruzione è stato organizzato in modo che tutti i volontari potessero contribuire alla realizzazione dell’opera, indipendentemente dall’età e dal livello di abilità. Le pareti inoltre sono state progettate per essere riutilizzate: alla fine delle nove settimane di eventi, sono state smontate e usate per creare nuovi impianti sportivi per una scuola locale.