Architettura contaminante

In un corso on-line gli architetti Andreas Kipar, Alfonso Femia, Fabrizio Barozzi e Sandy Attia riflettono sugli sconfinamenti dell’architettura insieme a esperti di altre discipline; 4 ore e 8 CFP complessivi.

«Il termine contaminazione implica un’accezione patologica e il contrario di patologico è sterile; la chiusura e la rigidità nascono dalla paura dell’altro, dal timore di essere contagiati. L’architettura invece è tutt’altro che sterile e ridisegna in continuazione i suoi confini attraverso il dialogo.»

La scrittrice Michela Murgia apre così, senza tanti preamboli, uno dei quattro dialoghi raccolti nel corso FAD Sconfinamenti di architettura, il percorso di 4 ore per 8 crediti formativi durante il quale gli architetti Alfonso Femia di 5+1AA, Andreas Kipar di Land, Fabrizio Barozzi di EBV e Sandy Attia di MoDus indagano gli sconfinamenti naturali, geografici, culturali e formativi dell’architettura insieme a Simona Galateo, Michela Murgia, Giovanna Amadasi e Armando Baietto.

Obiettivo del corso è mostrare le virtuose connessioni che si possono attivare tra l’architettura e altre discipline attraverso l’approfondimento di buone pratiche architettoniche con cui i diversi confini vengono esplorati, sovrapposti e ridisegnati. Ecco in breve di cosa si parla:

  • Nel primo dialogo il paesaggista Andreas Kipar dello studio Land e Simona Galateo, ricercatrice nel campo degli studi urbani, si interrogano sul modo in cui viviamo il territorio e su come le barriere possano dividere i centri urbani dalle periferie. Caso emblematico è Tempelhof, l’ex aeroporto militare e civile di Berlino che nel 2009 è stato trasformato in un parco pubblico di 386 ettari e di cui Kipar ha seguito il processo di riconversione.
  • L’architetto Alfonso Femia dello studio 5+1AA, oggi Atelier(s) Alfonso Femia AF517, e la scrittrice sarda Michela Murgia raccontano invece come un’apparente barriera come il mar Mediterraneo possa essere un canale di incontro tra culture. Il progetto di riconversione dei Docks di Marsiglia dello studio 5+1AA ben rappresenta questa connessione: l’imponente edificio con i suoi 5 piani di altezza e 400 metri di lunghezza si poneva come un limite invalicabile tra la città e il mare mentre oggi rimette in relazione le due anime di Marsiglia, quella urbana e quella marittima.
  • I concetti di accessibilità e segretezza, di pubblico e privato, sono al centro del confronto tra l’architetto Fabrizio Barozzi, insignito con il suo studio EBV del premio Mies van der Rohe per la Filarmonica di Szczecin in Polonia, e Giovanna Amadasi, responsabile delle strategie culturali e delle relazioni di HangarBicocca. La discussione si concentra su come la cultura possa dare nuova vita ad architetture in disuso, come nel caso del museo di Belle Arti di Losanna, disegnato da EBV su un’area ferroviaria dismessa, o dello stesso HangarBicocca di Milano, un tempo stabilimento della Pirelli.
  • Infine, le connessioni tra architettura e pedagogia sono le protagoniste del dialogo sconfinamenti formativi tra l’architetto Sandy Attia dello studio MoDus Architects, e Armando Baietto dello studio Baietto Battiato Bianco. La realizzazione presa in esame è la scuola Firmian di Bolzano firmata da MoDus, a dimostrazione che gli edifici scolastici non possano ridursi a semplici spazi funzionali ma che debbano contribuire con la propria architettura allo sviluppo educativo dei bambini.

Per conoscere le modalità di iscrizione e di fruizione vai alla pagina dedicata al corso.

Gli incontri sono stati registrati in occasione della quinta edizione del festival Architettura in Città; ecco le interviste realizzate per l’occasione che sintetizzano i temi affrontati.